Nel 1527 la comunità sanmartinese chiama alcuni religiosi tra i quali il beato padre Sisto Locatelli da Rivarolo (1463-1533) e dona loro la chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano, offrendo inoltre una cospicua somma, perché venga eretto un convento di fianco alla chiesa stessa.
Il beato Sisto acquista un fondo e vi costruisce il convento cui vengono destinati alcuni frati.
Essi rimangono a San Martino dal 1527 al 1535, quando il padre Guardiano viene ucciso a tradimento da un facinoroso del vicino paese di Bozzolo, adirato contro di lui per un rimprovero ricevuto. In seguito all’evento delittuoso, tutti i frati abbandonano San Martino per trasferirsi in altri conventi del mantovano.
Frate Francesco Gonzaga (1546-1620) decide di accondiscendere al desiderio degli illustri fratelli Pirro, Scipione, Ferdinando e Giulio Cesare i quali chiedono il ritorno dei frati, affinché questi possano officiare di nuovo la chiesa.
Pertanto, nel 1577, frate Francesco si adopera perché il convento possa essere ricostruito e accolga i frati: con le sue mani, il 23 aprile 1577, pone la prima pietra, rifondando e ampliando il convento che inizialmente ospiterà dodici frati.
Una lapide ricorda ancora oggi sia l’opera del beato Sisto da Rivarolo sia la successiva riedificazione.
Il convento sarà sempre particolarmente caro a frate Francesco perché nella chiesa annessa è ubicata la cappella di Santa Croce, fondata e dotata dalla madre Emilia, definita lectissima femina.
Il convento diventa sede di studi teologici e filosofici.
La presenza dei frati si protrae fino al 1797, anno in cui le autorità francesi decretano la soppressione degli ordini religiosi, dopo quella già effettuata da maria Teresa d’Austria e dal figlio Giuseppe II (1789). Rimasto così vuoto e abbandonato, l’ex convento, con prato, orto e rustici annessi, viene venduto all’asta perché se ne possano ricavare abitazioni.
Diventato dunque di proprietà privata, l’edificio sarà via via frazionato e diviso tra i vari proprietari; oggi rimane ben poco dell’antico convento, dopo le pesanti manomissioni del passato che ne hanno alterato la struttura.
La parte superstite del chiostro è costituita da un breve tratto del porticato con grosse colonne in cotto intonacate e archi a tutto sesto; il cortile oggi è deturpato da alcune costruzioni e da un muro divisorio che lo “taglia” in due, separando l’area di proprietà privata da quella ecclesiastica.